Stefano Zanut – Architetto, Direttore Vice Dirigente dei Vigili del Fuoco presso Comando di Pordenone.
Rita Somma – Consulente H&S, sociologa del lavoro, Consigliere Nazionale AiFOS.

ABSTRACT

Tanto si è detto in merito alle nuove indicazioni sulla formazione degli addetti antincendio disciplinata dal D.M. 02/09/21, che sembra non avere più segreti. Eppure, alcune sfaccettature per garantire una formazione di qualità non sono state ancora considerate con l’attenzione che meritano. Cosi nasce l’idea di questo contributo, che vuole fornire qualche indicazione per rendere piu operativa la formazione dell’addetto antincendio, spingendosi oltre i confini dell’ordinarietà, per far emergere altri aspetti underground che hanno molto da aggiungere per conseguire lo scopo formativo. Una lente di lettura che pone la necessita del passaggio da una progettazione generica e uniforme a quella per la specificità, che sappiano considerare a tutto tondo i destinatari dell’azione formativa, le persone che abbiamo di fronte.

La nuova formazione antincendio. Quali contenuti?
Si sa, il datore di lavoro deve assicurare adeguata formazione e aggiornamento degli addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione dell’emergenza. Lo ha sancito, prima, abrogato D. Lgs. 626/94 e lo sancisce, oggi, l’art. 37, comma 9, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, demandando la definizione dei requisiti e dei contenuti di tale formazione all’adozione di uno o più decreti (art. 46 c. 3 del D. Lgs. 81/08) da emanare a cura dei ministeri competenti che lo hanno fatto, per oltre un ventennio, attraverso il D.M. 10 Marzo 1998 a cui è recentemente subentrato il D.M. 2/9/2021.
Dal 04/10/22, infatti, la formazione e l’aggiornamento per gli addetti al servizio antincendio sono disciplinati dal D.M. 02/09/21 (ribattezzato decreto GSA), che ridefinisce gli aspetti di formazione, indirizzandoli verso tre livelli di rischio incendio (livello 1, livello 2 e livello 3 – vedasi riquadro 1), l’idoneità tecnica (ove prevista) ed i requisiti dei formatori per i quali è prevista l’abilitazione per lo svolgimento di tale attività.

A questo si uniscono le indicazioni applicative fornite dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile con due Circolari: DCPREV n. 15472 del 19/10/21, recante “D.M. 02/09/2021 – Primi chiarimenti”, e DCPREV n. 7826 del 31/05/2022, recante “D.M. 2 settembre 2021 – Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
– Indicazioni procedurali per le attività di formazione e di abilitazione.
Un utile strumento operativo per lo sviluppo dei contenuti è stato messo a disposizione dalla Direzione Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco che, per ogni livello di rischio, ha elaborato supporti didattici da utilizzare nello svolgimento dell’attività formativa, che riuniscono in forma organica tutte le informazioni ed i dati che possono servire all’illustrazione degli argomenti teorici e pratici considerati nei percorsi formativi per gli addetti antincendio.

 

 

Tale materiale rappresenta senz’altro un’ottima base di partenza, anche se non si può pensare che questo possa costituire la panacea di tutti i mali, ovvero un format che può semplicemente essere riproposto tout court in tutti i percorsi formativi degli addetti antincendio. Infatti, come espressamente definito dalla norma, i programmi indicati per i tre livelli di rischio vanno considerati “minimi”, seppure spesso tale aggettivo non sia visualizzato con l’attenzione che merita, se non proprio dimenticato.
La formazione deve, infatti, essere oggetto di adeguata contestualizzazione al luogo di lavoro, tenendo conto dei fattori che concorrono a definire il livello di rischio incendio dell’attività, ovviamente sempre nel rispetto della ratio e sulla base degli indirizzi normativi. Questo potrebbe comportare la necessita di integrazione degli argomenti da trattare, non solo dal punto di vista tecnico, al fine di supportare effettivamente la strategia antincendio complessiva, ma anche con riferimento alle procedure di emergenza.

FATTORI SITUAZIONALI E AMBIENTALI NELLA FORMAZIONE ANTINCENDIO

Nella formazione degli addetti antincendio convivono, dunque, concetti assoluti e variabili che vanno considerati in sinergia. Di fatto, l’inquadramento del livello di rischio incendio nel gruppo di riferimento, i cui contenuti minimi formativi sono elencati nell’allegato III del D.M. 02/09/21, è la base di partenza per la definizione del percorso formativo, ma non bisogna dimenticarsi di ragionare su eventuali peculiarità dello scenario operativo di riferimento, con tutte le sue sfaccettature e complessità.

Il progetto della formazione deve porre al centro della propria attenzione non solo gli elementi tecnici, ma anche tutti gli altri processi  che impattano sull’agire umano dell’emergenza

L’obiettivo è valutare la necessità di integrare i contenuti “minimi” in funzione proprio dei fattori di rischio incendio e del livello normativo associato, tenendo conto della ricaduta di un eventuale evento emergenziale e delle necessità di risposta in quel contesto d’azione. Giusto per fare un esempio, un corso di formazione per attività di livello 2 viene considerato sia per una scuola che per un’attività produttiva ma, ovviamente, lo svolgimento dei compiti di un addetto antincendio è diversamente ricondotto nei due casi.

Da qui nasce la necessità di considerare i programmi formativi del decreto proprio nella loro accezione di contenuti minimi, nel senso che poi dovrà essere sviluppato un percorso che li sappia rappresentare e contestualizzare rispetto alle specifiche attività e modalità operative.

La presenza o l’assenza di determinate attività, presidi e persone sono cruciali nell’agire in una situazione emergenziale. La formazione deve, quindi, facilitare la rappresentazione reale di una possibile situazione, che sappia considerare uno spazio emotivamente e percettivamente reale, in modo che possa preparare davvero l’addetto ad affrontare situazioni critiche di quel genere.

Peraltro, nella definizione del percorso formativo devono essere considerati anche quei fattori che possano affiorare da un’analisi dei rischi capace di far emergere quelli più pertinenti al contesto.

Di seguito, a puro titolo di esempio, se ne evidenziano alcuni:

  • condizioni ambientali connesse con l’evento (microclima, fumo, atmosfere esplosive, sostanze tossiche, etc.);
  • abbigliamento e DPI eventualmente da impiegare;
  • aspetti connessi con la gestione di situazioni in presenza di persone con specifiche necessità, siano questi lavoratori o lavoratrici, oppure altre persone che possono accedere all’ambiente considerato (è il caso, ad esempio, di ambienti commerciali o altri ambienti accessibili al vasto pubblico);
  • consapevolezza dei presidi antincendio a disposizione (sollevare un estintore da 6Kg, ad esempio, è diverso che sollevarne uno da 9Kg), anche in termini di limiti e potenzialità nel loro utilizzo (per continuare con gli esempi, un estintore a polvere utilizzato in un ambiente ristretto o dove le persone con possono allontanarsi velocemente dal luogo potrebbe avere controindicazioni);
  • aspetti emotivi/psicologici connessi all’emergenza, che tengano conto delle dinamiche comportamentali e delle relazioni che si instaurano tra le persone coinvolte e le condizioni ambientali alterate da un incendio (il progetto della formazione deve porre al centro della propria attenzione non solo gli elementi tecnici, ma anche tutti gli altri processi che impattano sull’agire umano nell’emergenza, in cui entrano in gioco i fattori cognitivi ed emotivi, legati alle dinamiche della percezione, dell’apprendimento, della memorizzazione e del problem solving, che anche i tecnici formatori dovrebbero conoscere).

Alcuni dei punti appena considerati trovano certamente collocazione operativa nel piano di emergenza, ma è senz’altro nel percorso formativo che si possono esplicitare con chiarezza dando cosi maggior supporto all’operatività.

I FATTORI PERSONALI E IL LORO IMPATTO SULLA FORMAZIONE

Una progettazione coerente con il risultato atteso non può prescindere dal fattore uomo, dalla peculiarità del destinatario del processo e dalla sua unicità.

Siamo cosi abituati a parlare di lavoratori considerandoli come insieme unitario, fatto di persone standard a cui associamo il ruolo di addetto antincendio, che spesso ci dimentichiamo che ognuno di loro ha caratteristiche tali da renderlo unico.

Cosi, per soddisfare le loro esigenze formative, ¢ importante sapere “chi sono” questi interlocutori, comprenderne le capacita ed i limiti nell’esprimerle, nonché eventuali esigenze particolari.

In un contesto che sappia valorizzare le risorse di ognuno, il compito del formatore è anche quello di farle diventare un elemento guida nel suo modo di proporsi. Pertanto, il percorso di un argomento può incontrare aspetti da “limare”, ovvero adattare di volta in volta in funzione del contesto in cui si vanno a proporre, ma senza per questo perdere di vista gli obiettivi primari e gli argomenti esaminati. La formazione diventa cosi una realtà viva e dinamica che certo mette alla prova il formatore, ma nel contempo arricchisce il discente, coinvolgendolo per farlo diventare protagonista cosciente del ruolo che gli è stato  assegnato attraverso le proprie risorse da considerare potenzialità.

Un discente con specifiche necessita ¢ qualcuno che potrebbe avere esigenze di formazione che non sempre possono essere soddisfatte attraverso le modalità utilizzate per altri discenti. Fattori personali soggettivi – come possono essere, ad esempio, caratteristiche ed abilità del discente, età, sesso, provenienza, lingua, cultura di riferimento, per citarne alcuni (riquadro 2) – impattano sul processo formativo, fino a poterne decretare anche l’insuccesso, se non considerati e gestiti con attenzione.

Un lavoratore straniero può fare fatica a comprendere una lezione in lingua italiana, soprattutto se si utilizza una terminologia tecnica. Un discente con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), può avere necessità di strumenti di apprendimento specifici.
Nel processo formativo, quindi, va garantita per tutti l’accessibilità ai suoi contenuti, che ha il significato di assicurare modalità compatibili con eventuali esigenze specifiche dei lavoratori. D’altra parte, il tema dell’inclusione nel contesto che stiamo trattando rappresenta una delle innovazioni introdotte dal D.M. 3/8/2021, ovvero il c.d. Codice di Prevenzione Incendi, da cui discendono anche i contenuti del D.M. 2/9/2021. Non sfuggono, a tal proposito, le indicazioni di quest’ultimo decreto nel considerare ciò nel contesto dell’allegato 1, riferito alla “Gestione della sicurezza antincendio in esercizio”, quando propone attenzione ai seguenti aspetti:

  • “l’informazione deve essere fornita e trasmessa in maniera tale che il lavoratore possa apprenderla facilmente” (punto 1.2.3);
  • “la comunicazione deve essere accessibile a tutti, anche attraverso strumenti compatibili con specifiche esigenze dei lavoratori” (punto 1.2.7)

La sfida che il formatore si trova ad affrontare è, quindi, quella di indirizzare le proprie attività verso una progettazione formativa inclusiva del destinatario, il futuro addetto antincendio, per garantire percorsi performanti ed equità di accesso all’acquisizione di competenze, spostando l’obiettivo oltre la mera applicazione delle indicazioni prescrittive, talvolta poco coerenti con una rappresentazione delle persone e delle loro specifiche necessità.

PROGETTARE LA FORMAZIONE INCENDIO PER LE SPECIFICITÀ
Il D.M. 02/09/21 è la cornice cogente entro cui operare, quella che definisce il punto di partenza e di arrivo; tuttavia, l’efficacia dell’azione formativa richiede di andare oltre l’immagine stereotipata dell’addetto antincendio tipo, chiamato a svolgere il proprio ruolo in un sistema ambientale ricondotto meccanicamente ad uno dei tre livelli di rischio. É fondamentale mettere in gioco la propria abilità di formatore, riuscendo a captare sul campo l’eventuale necessità di utilizzo di strumenti compensatori o di integrazione al fabbisogno di ognuno.

Il percorso formativo per quella classe di lavoratori e per quel lavoratore, se esige un’attenzione specifica, va cucito addosso in modo sartoriale. Non è questione di lana caprina perché, se vogliamo pensare a una formazione di qualità, va incentivato il passaggio verso un approccio non solo prescrittivo ma culturale, che non insegua l’attestato di partecipazione da esporre come trofeo in caso di ispezione, ma favorisca una competenza’ che va di
pari passo con la più gettonata cultura della sicurezza.

Per questo, quando si fa formazione si è costretti a spingersi oltre i confini dell’ordinarietà, vere e proprie “colonne d’Ercole”, in uno spazio non del tutto mappato, che non puo’ non considerare le esigenze reali di quella classe di discenti, in relazione con le condizioni critiche di un incendio, e/o di quel discente, affinché possa corrispondere ad eventuali bisogni soggettivi che vanno oltre le aspettative predefinite di una classe.
Saper individuare e supportare l’eventuale necessita di contenuti integrativi è una condizione propedeutica per la definizione di strategie formative coerenti alla realtà, non solo con l’obiettivo di generare competenze, ma anche quei benefici sociali che la formazione comporta.
Non esiste una metodologia neutrale, la progettazione del percorso formativo deve essere pensata per renderla adeguata in relazione all’ambiente d’azione ed alle esigenze degli interlocutori. Concetti, se vogliamo, trasversali a tutti gli ambiti di sicurezza, partendo dal presupposto che non si tratta di peccare di eccesso di virtuosismo, ma di visualizzare aspetti decisivi per garantire una formazione efficace ed efficiente.
“Progettare per le specifiche necessita” vuol dire, dunque, farlo partendo dalla cornice legislativa, per poi includere persone-persone-ambiente- contesto-artefatto (tecnologia) in base a quella classe di interlocutori. Gli input nella progettazione della formazione per addetti antincendio per la specificità potrebbero, quindi, essere:
” in fase di progettazione, i requisiti legislativi in base al livello di rischio ma anche la composizione della classe, sulla scorta di fattori ambientali e situazionali, nei quali gli addetti antincendio dovranno operare (progettazione per la specifica classe, in grado di individuare esigenze specifiche di quel gruppo di discenti);in fase di erogazione sul campo,  eventuali  fattori ¢ caratteristiche personali specifici che possono impattare sull’apprendimento, che dovranno essere considerati dal docente o dall’istruttore (progettazione per lo specifico discente, sapendo impiegare modalita di istruzione differenziate e flessibilità, per garantire gli esiti attesi dell’apprendimento).

Progettare per le specifiche necessita vuol dire farlo partendo dalla cornice legislativa, per poi includere persone-ambiente-contesto-artefatto

La strada fino a qui delineata diviene così una sorta di lente d’ingrandimento per la lettura del processo formativo, che non mira solo a garantire la prescrizione, ma garantisce la prestazione, concetto già noto al mondo della prevenzione incendi. Un passaggio che, in questo modo, si allontana dall’ottica tradizionale del rapporto cliente fornitore per andare verso una collaborazione più partecipata, orientata all’impatto sui discenti e sulle organizzazioni.

Al centro dell’articolazione del percorso formativo, dunque, principi di gestione considerati sine qua non per garantirne l’efficacia: focalizzazione sui discenti e partecipazione attiva, leadership di scenario, responsabilità sociale, consapevolezza, accessibilità ed equità, condotta etica nella formazione. Lo rileva anche la UNI EN ISO 21001:2019, vale a dire il primo standard di Gestione del Sistema di Istruzione e Formazione.

CONCLUSIONI

La formazione degli addetti al servizio antincendio costituisce senz’altro uno dei cardini per poter garantire sicurezza antincendio. Una formazione però che, se inefficace, non sposta di un millimetro il problema.
Lo scopo dell’azione formativa deve essere il raggiungimento dell’obiettivo, che non è certamente quello di conseguire un attestato fine a se stesso. Perché, per trasferire ai lavoratori le conoscenze utili all’acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei compiti, come è ben noto, oltre alla forma ci vuole la sostanza.
L’idea è quella di una formazione antincendio che deve avere un obiettivo strategico di ampio respiro, per garantire non solamente conoscenza tecnica, ma anche consapevolezza situazionale, puntando all’empowerment, all’acquisizione di competenze e all’innalzamento del livello di conoscenze tali per consentire la partecipazione attiva alla costruzione delle condizioni di sicurezza e prevenire il rischio incendio, in una chiave interpretativa che favorisca davvero la cultura della sicurezza, che cosi può liberarsi della demagogia e dalla retorica.
In tale ottica, la sfida per il formatore sarà anche quella di indirizzare verso una progettazione formativa inclusiva della persona, per garantire percorsi performanti ed equità di accesso all’acquisizione di competenze, spostando l’obiettivo oltre la mera applicazione delle indicazioni prescrittive, talvolta poco coerenti con una rappresentazione delle persone e delle loro specifiche necessita.
Quando diciamo che la formazione antincendio deve essere “inclusiva” intendiamo, dunque, che nella sua progettazione e nella conseguente erogazione devono essere considerati non solo gli aspetti legati a variabilità e diversità del contesto che coinvolge l’azione dell’addetto antincendio, ma anche la variabilità e la diversità umana.

Ed è proprio questo passaggio culturale, da una politica della formazione solo prescrittiva a quella in ottica davvero preventiva, se vogliamo trasversale a tutti gli aspetti di sicurezza, che deve diventare grimaldello interpretativo comune ed elemento chiave di volta.

La formazione dovrà cosi essere in grado di abbinare competenze tecniche e umane di alto livello professionale. L’invito è quello di promuovere percorsi formativi che aiutino ad uscire dall’ottica della carta e indirizzino verso una formazione di sostanza e qualità, anche nella prevenzione incendi.

Stefano Zanut – Architetto, Direttore Vice Dirigente dei Vigili del Fuoco presso Comando di Pordenone.

Rita Somma – Consulente H&S, sociologa del lavoro, Consigliere Nazionale AiFOS.

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